La s lunga dopo secoli di onorata supremazia, cade sotto i colpi
di una penna d’ala… di tacchino!
Ed eccoci al nuovo anno. Siamo nel 2019 e io continuo a spulciare i vecchi manuali del 1500! L’ultimo che sono riuscita a scovare è di Giovambattista Palatino “Nel qual s’inſegna à Scriuer ogni ſorte lettera, Antica & Moderna, di qualunque natione, con le ſue regole, & miſure, & eſempi”.
È un manuale per imparare a scrivere, con istruzioni dettagliatissime per tracciare ogni lettera.
Tutto sommato, considerando che stiamo parlando di un testo di ben 500 anni fa, devo dire che si comprende benissimo e questo lo fa sembrare più recente ed è scritto in Cancelleresca, scrittura che amo più di ogni altra.
Alcune particolarità che saltano all’occhio
Di tanto in tanto mi capita di sfogliarlo e in più di un’occasione ho provato anche a tradurlo mentalmente finché non ho deciso di farlo realmente cioè trascrivere il testo sul computer così da poterlo tradurre più facilmente.
Le particolarità che saltano immediatamente all’occhio, cercando di farlo, sono diverse:
- la presenza di un segno diacritico che potrebbe essere paragonabile alla tilde ~ (uso il condizionale non essendo esperta in materia);
- l’uso della s lunga (ſ -∫ ), visibile già nel titolo del volume;
- la e (congiunzione) rappresentata quasi esclusivamente con il simbolo & e solo in rari casi usata nella forma estesa et;
- la è (verbo) senza accento;
- il punto viene rappresentato da una minuscola croce;
- infine la punteggiatura, soprattutto virgola e punto e virgola, utilizati con delle regole completamente diverse da quelle odierne.
Segno diacritico per le abbreviazioni
Fin dai tempi più antichi, per risparmiare spazio nei manoscritti, era normale far uso di abbreviazioni. Nacquero quindi diversi segni codificati, tra cui proprio la tilde, che nasce come stilizzazione delle lettere m e n; veniva sovrapposta alle vocali (es.: suã = suam, trẽor = tremor, ĩcursus = incursus, õnes = omnes, exũdo = exundo etc.) ma poteva anche esser collocata sopra alcune consonanti o in abbreviazioni più complesse (es.: dña = domina, sulla q in q˜sto = questo, sulla l in l˜re = lettere); chiedo venia ma non ho trovato il modo di inserire la tilde sulle lettere q ed r.
Nel manuale di Palatino, questo segno diacritico appare, nelle pagine introduttive, come un trattino orizzontale piuttosto dritto (senza riccioli terminali).
Il segno diacritico utilizzato nelle parole: scienze – Parenti – Mercanti – non – mondo – Veramente – questo
x
Nel resto del testo, scritto in Cancelleresca invece, appare come una sorta di punto interrogativo, ondulato dunque e leggermente inclinato a sinistra, un segno quasi verticale.
Il segno diacritico utilizzato nelle parole: secondo e penna
x
La s lunga
Il segno diacritico utilizzato per abbreviare la parola: lettere
Per quanto riguarda la s lunga (ſ) che nel disegno assomiglia ad una f senza il trattino destro del tratto orizzontale d’incrocio e nel corsivo è del tutto simile ad una f senza alcun tratto orizzontale ( ∫ ), viene qui utilizzata secondo la regola in uso nelle scritture più antiche.
La esse lunga nelle parole:
scriver – senza – scriver – cosi – avessero – cose – lassate – intese – pensato – questi
x
La s lunga deriva dal corsivo romano e per moltissimo tempo si utilizzò esclusivamente questo tipo di esse. Gli scritti in Minuscola Carolingia del IX secolo infatti, usavano soltanto la s lunga ma nel Tardo Carolingio e nelle prime scritture gotiche, dal dodicesimo secolo in poi, è stata adottata la consuetudine di utilizzare la s lunga all’inizio e all’interno delle parole (s mediale) mentre la s corta (o rotonda) alla fine delle parole. In questo manoscritto viene utilizzata la stessa regola (vedi Illustriss. nell’immagine di seguito).
La esse lunga nelle parole: consacro – Illustriss. – Reverendiss. respetti
x
La s lunga nelle legature
Nell’immagine successiva però, possiamo notare che nella legatura st, a volte compare la s lunga e a volte quella corta.
La esse lunga nelle parole: questo e consta
x
La scomparsa della s lunga
Anche con l’avvento della stampa a caratteri mobili si utilizzò la s lunga con la stessa regola appena citata ma i calligrafi del tempo cominciarono a farne un uso indiscriminato e infatti, come abbiamo visto nell’immagine precedente, anche in questo manoscritto la regola non viene rispettata rigidamente.
Pare che fu proprio il rivale di Palatino, Giovanni Francesco Cresci (in questo articolo si possono vedere diverse immagini del suo corsivo) che cominciò ad utilizzare in maniera esclusiva la s corta in tutti i suoi manoscritti e manuali di scrittura. E così fecero i suoi allievi e successori, tanto da modificare per sempre la scrittura corsiva. Con l’introduzione della penna di tacchino infatti, che permetteva un’affilatura più appuntita della punta, Cresci inventò un nuovo tipo di scrittura detta comunemente Bastarda o Cresciana le cui lettere venivano tracciate una di seguito all’altra, con un tratto continuo. In questo modo, la s lunga avrebbe avuto lo stesso identico aspetto della f creando molta confusione nel lettore e probabilmente fu proprio questo il motivo che spinse Cresci ad utilizzare esclusivamente la s corta.
Non si sa bene cosa determinò il totale disuso della s lunga anche nella stampa ma sembra che nel diciottesimo secolo, in Gran Bretagna e in Spagna ci fu una sorta di ribellione da parte degli stampatori, contro l’uso irrazionale di due forme differenti per la stessa lettera.
E sembra che il primo a dismetterla sia stato il parigino François-Ambroise Didot, che nel 1780 circa, creando un nuovo stile di carattere, non la mise nemmeno in catalogo (a quei tempi ogni tipografia disponeva di un catalogo con i caratteri da stampa che aveva a disposizione).
La s lunga in matematica
Oggi i matematici impiegano un esempio della s lunga come simbolo dell’integrale: ∫ . Il co-inventore del concetto della somma integrale, Leibniz, ha usato la prima parola dell’espressione in latino “ſumma” (ossia somma) e ne ha conservato l’iniziale corsiva ∫.
Infine esiste nell’alfabeto fonetico internazionale un’altra variazione della s lunga chiamata esh (ʃ), che serve a indicare la consonante fricativa postalveolare sorda che si trova all’interno della parola pesce (indica il digramma italiano sc).
La doppia s
Ma tornando al nostro manoscritto, un’altra particolarità è rappresentata dalla doppia s che in alcuni casi, assume l’aspetto della lettera Eszett (ß) come mostrato nell’immagine di seguito.
La doppia esse nelle parole: essa e appresso
x
Non so se riuscirò mai a trascrivere tutto il testo del manoscritto ma se vi è venuta voglia di vederne una parte, di seguito potrete scaricare un file pdf delle pagine introduttive del manoscritto di Giovambattista Palatino.
Scarica GRATIS
il file della trascrizione delle pagine introduttive del manoscritto di Giovambattista Palatino
Grazie mille, articolo interessante e molto utile, volevo chiederle il permesso di utilizzare alcune delle informazioni contenute in un corso di calligrafia umanistica che vorrei tenere prossimamente.
Saluti
Alessandro Fiorentino
Sono contenta che le sia piaciuto l’articolo, se cita la fonte ne sarò felice ma lascio a lei la scelta 😉