Ieri mentre mi recavo al finissage di Haiku in concerto, mi sono ritrovata nel bel mezzo del Gay Pride. Da Termini a Piazza Esedra, una folla in delirio, rumoreggiante e festaiola, accompagnava dei carri (allegorici? Forse!) che vomitavano una musica assordante.
Qualcuno urlava qualcosa di non molto comprensibile ad un microfono.
Mi sono ritrovata ad attraversare in senso contrario, questa lunga sfilata mentre cercavo di capire come poter arrivare a destinazione.
Lo spettacolo è stato senza dubbio inusuale e per certi versi sconcertante perché in questa mia gincana, guardandomi intorno mi sono chiesta…
– Una biondona platino, con la barba lunga e scura e due tettone mozzafiato, quanta libertà ha oggi, di poter essere (e quindi apparire) davvero se stessa nella quotidianità?
Quante di queste persone sono costrette a vivere solo di notte?
E ancora… quante di queste persone si possono permettere un lavoro normale?
Credo nessuna… ma che amarezza!
Siamo tutti bravi a raccontarcela ma alla fine accettiamo la cosiddetta diversità solo se vestita di discrezione e di omertà perché di fatto una biondona platino, con barba e minigonna, non riusciamo ancora ad immaginarla dietro ad una scrivania in un ufficio!
Ma tornando alla mia destinazione…
dopo una lunghissima e faticosa passeggiata fino a Piazza Venezia (ho ancora i piedi in fiamme!), arriva un autobus e nel giro di pochi minuti finalmente imbocco Vicolo della Campanella. Qui trovate tutti i riferimenti di Studio Arti Floreali.
Le opere che vedete sono solo un piccolo ma non esaustivo esempio della perfetta sinergia che si è creata tra Massimo Gobbi (maestro di sumi-e), Taki Kodaira (maestra di calligrafia giapponese) e Guidotto Colleoni (insegnante di Lingua giapponese e ricercatore di Sinologia e Yamatologia).
In genere ho sempre visto opere di calligrafia giapponese e di sumi-e in situazioni separate (per la verità di calligrafia giapponese pochissime). Beh vederle insieme è stata davvero una piacevole sorpresa! Come se il tutto avesse un senso compiuto!
In un primo momento ho pensato…
– Certo! Una pittura tipicamente giapponese con la calligrafia giapponese, è facile che succeda! Ma riflettendoci, sarebbe come pensare ad un nostro acquarello con la nostra scrittura Cancelleresca ma non è mica detto che si sposino così bene!
Credo invece che le suggestioni degli haiku siano state interpretate ed espresse in modo intenso e appassionato sia dalla calligrafa che dal maestro di sumi-e riuscendo a trasmettere in modo molto efficace l’attimo, l’istante, il pensiero e quindi l’immagine descritta negli haiku.
Suggestioni a tratti romantiche, soffuse immagini poetiche di un paesaggio intimo oltre che naturalistico
La Conversazione del Prof. Colleoni poi è stata illuminante.
Fondamentale per capire cosa vuol dire realmente haiku, al di là del mero conteggio delle more, si parla infatti di suoni (fonemi) e non di sillabe come le intendiamo noi.
Nato come strofa di inizio (o di esordio) di un poema a carattere scherzoso e divenuto poi nel tempo forma di poesia breve autonoma.
La lettura e la relativa traduzione del Prof. Colleoni, mi ha fatto capire intanto la difficoltà di tradurre termini che nel nostro linguaggio non esistono e che spesso hanno una pluralità di significati e poi quel retrogusto evocativo che hanno certi haiku pur essendo così concisi.
Voci di corridoio hanno suggerito di traslocare la mostra in qualche altra sede quindi occhi aperti perché potrebbe essere nuovamente visitabile!
Ara umi ya
Sado ni yocotau
ama-no-gawa
Mare selvaggio:
la Via Lattea che si distende
su [ll’isola di] Sado
Matsuo Basho