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Parole e lettere
tracciate per essere ammirate
Le lettere del nostro alfabeto, oltre ad avere un senso e un suono legato alle convenzioni linguistiche, sono anche dei segni tracciati su un foglio. Per questo motivo, oltre al significato semantico che possiedono, sono leggibili anche come immagini a se stanti.
Lo avevano capito bene i nostri antenati che cominciarono a inglobare la scrittura nella pittura e viceversa, soprattutto nei testi sacri.
A quei tempi spesso, il testo scritto si rivolgeva a persone che non sapevano leggere e sfruttare il potenziale visivo di parole e lettere divenne una consuetudine.
A tal proposito, giusto per citare uno degli innumerevoli esempi storici, gli Exultet (VIII-X secolo) erano rotoli ad uso liturgico, realizzati in modo che le ricchissime immagini decorative risultassero capovolte rispetto al testo. Letti dal pulpito però, venivano srotolati e lasciati pendere con il progredire della lettura, in modo che i fedeli potessero vedere in maniera corretta le illustrazioni a cui si riferiva l’officiante.
Exultet I
Secolo XI (1025 – 1049).
Museo Diocesano di Bari.
Rotolo pergamenaceo lungo più di cinque metri, costitiuto da otto fogli, ognuno dei quali è cucito
agli altri con listarelle di pergamena passanti
attraverso tagli effettuati lungo le estremità delle sezioni stesse.
Il testo è in carattere minuscola beneventana
della tondeggiante variante barese
ed è racchiuso da due bande ornamentali
contenenti medaglioni e busti di santi.
In alto: La Terra nelle sembianze di una giovane donna tra due alberi accompagnata da un cinghiale, un ariete, un cane e un capro…
in basso: Elogio alle api (sesto foglio) elogiate in quanto vergini come Maria e produttrici della cera con cui si realizza il cero pasquale.
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I calligrammi nella storia
Le immagini che vediamo di seguito invece, appartengono a un libro molto particolare, nella storia come nei contenuti. Risalente al IX secolo, quindi circa 1200 anni fa, e proveniente probabilmente dalla diocesi di Reims, il manoscritto pergamenaceo parrebbe essere frutto di decenni di lavoro. È anche il più antico esemplare in circolazione a riportare gli Aratea, un’opera giovanile di Cicerone.
Il suo nome in codice è ms. Harley 647, e indica che si tratta di un manoscritto (ms.), il numero 647 della collezione Harley, che prende il nome da Robert Harley (1661-1724), politico britannico.
Nell’Harley 647 sono rappresentate alcune costellazioni ed oggetti celesti (Ariete, Sagittario, Pesci, le Pleiadi, Perseo, ecc.). Il testo di Cicerone è posto sotto alle immagini che sono degli splendidi esempi di calligrammi.
I testi sono scritti in Minuscola Carolina e le meravigliose illustrazioni in Capitale Rustica. La raffinatezza delle immagini e la sobrietà dell’impaginato, fanno pensare che il modello di questo codice debba risalire ad un’edizione particolarmente elegante di età romana.
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Andando ancora più indietro nel tempo, tre secoli prima di Cristo, nella Grecia ellenistica ci sono testimonianze di poesie figurate denominate technopaegnia. Erano dei componimenti poetici i cui versi venivano disposti in modo da riprodurre una determinata figura, generalmente una figura geometrica.
Nel caso di Simmia di Rodi, poeta e filologo greco antico (circa 300 a.C.), i tre carmi La scure, Le ali e L’uovo erano disposti a formare le figure dei titoli.
In latino invece furono denominate Carmen figuratum (Carmina figurata/Carmi figurati). Erano componimenti paragonabili ai calligrammi di Guillaume Apollinaire e alla successiva «poesia visiva».
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Calligramma in forma di rosa: Pascasio di San Giovanni, Poesis artificiosa, 1674
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Calligramma combinato con acromesostici, figurante un sole;
Ermanno di Santa Barbara – Carmelo Parnassus 1687
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L’inventore del termine calligramma
Calligrames è un termine coniato da Guillaume Apollinaire (Roma, 1880 – Parigi, 1918) per indicare un significato intermedio tra ideogramma e calligrafia di cui era appassionato.
Apollinaire lo definiva:
«Un insieme di segno, disegno e pensiero,
la via più corta per esprimere un concetto
e obbligare l’occhio
ad accettare una visione globale
della parola scritta».
In effetti Apollinaire adopera la struttura grafica come significante, come mostrano gli esempi che seguono, ma le intenzioni del poeta non erano tanto di natura visiva ma quanto e soprattutto di rottura formale con la tradizione poetica.
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Calligrammi di Apollinaire
Durante il periodo delle avanguardie del Novecento molti artisti hanno indagato e sperimentato, attraverso tecniche espressive diverse, il rapporto che intercorre tra scrittura e immagine.
I cubisti e i futuristi lo hanno fatto attreverso il collage; il poeta Filippo Tommaso Marinetti e Fortunato Depero hanno esplorato il potenziale visivo del suono delle parole; i surrealisti, come il pittore René Magritte, hanno realizzato opere dove comparivano testi, parole e lettere.
Agli inizi degli anni sessanta invece, nasce la Poesia visiva tendenzialmente diretta a rinnovare i tradizionali procedimenti di composizione poetica attraverso le qualità visive del testo e la ricerca di nuovi rapporti tra la parola e l’immagine.
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Questo è un bellissimo video di Geneviève Emy che illustra proprio i calligrammi di Apollinaire.
Apollinaire creò il calligramma come un quadro di poesia, un ritratto scritto, un disegno di pensieri e lo usò per esprimere il suo modernismo ed il suo desiderio di spingere la poesia oltre i normali limiti di testo e versi.
Geneviève Emy
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Calligrammi contemporanei
L’idea quindi, di utilizzare il potenziale visivo della scrittura in quanto segno grafico al di là del significato intrinseco è sempre stata presente sin dalla nascita della scrittura e continua a sedurre artisti di ogni tempo e luogo.
L’artista svedese Thomas Broomé compone le sue opere utilizzando le parole come texture per riempire gli oggetti della composizione con il loro stesso nome.
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L’austriaco Anatol Knotek usa lettere e numeri per comporre volti oppure decostruisce singole parole per esplicitarne i significati visivi.
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Sean Williams
Di volti fatti con lettere e parole se ne trovano di tanti altri artisti come Sean Williams, che usa i testi delle canzoni per creare il volto dell’autore; Craig Ward, il cui progetto si chiama proprio Words are pictures (le parole sono immagini) o Ashed Dreams.
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Craig Ward
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E per concludere non potevano mancare alcune opere del nostro connazionale Daniele Tozzi che disegna letteralmente le parole e lo fa unendo grafica e lettering con uno stile davvero accattivante.
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In tutti i casi illustrati,
le parole vengono usate prima
per essere viste nel loro insieme,
e poi per essere lette