La calcografia, questa sconosciuta
In Italia viene considerata un’arte minore, eppure i nostri più grandi artisti l’hanno sempre utilizzata e continuano a farlo, parallelamente alla loro opera pittorica o scultorea.
Nel giro di pochi mesi ho avuto l’occasione di ammirare da vicino le opere incise di Enzo Cucchi (Ancona, Mole Vanvitelliana), di Jannis Kounellis (Roma, Palazzo Poli) e in questi giorni quelle di Francesco Casorati (Roma, Istituto centrale per la Grafica).
A parte qualche piccolo foglio di Cucchi che avevo avuto modo di apprezzare in altre sue esposizioni, non avevo mai visto nessuna delle opere esposte nelle mostre citate.
Enzo Cucchi, “La lupa di Roma”, 1984, trittico, tre unità da Kg 25 l’una, acquaforte, acquatinta su rame, cm 197x96
Ogni volta che scopro questo lato di un artista, ne rimango stupita, come se scoprissi un lato tenuto oscuro. E in effetti per certi versi lo è, perché di fatto la produzione calcografica difficilmente viene esposta nelle grandi mostre.
Trovarmi di fronte a questi fogli immensi (sono tutte opere di grande formato) mi ha fatto pensare alla lavorazione della matrice di metallo che li ha generati, alle tecniche utilizzate e alla magia che si crea ogni volta che si stampa una prova di stato, le prove colore e infine la tiratura.
Mi manca da morire tutto ciò!
Enzo Cucchi
Ed è incredibile pensare che queste opere possano rimanere inaccessibili per molto tempo, soprattutto per noi italiani mentre all’estero hanno da sempre una maggiore visibilità e un maggiore apprezzamento.
Così come è triste pensare che i nostri grandi artisti sono più amati all’estero mentre da noi, passato il momento di gloria ossia il culmine della carriera, restano poi nell’ombra e nel silenzio.
Enzo Cucchi, Cinquant’anni di Grafica d’Artista
Una produzione calcografica che ha accompagnato questo autore in tutto il suo percorso artistico eppure così sconosciuta a molti.
I miei complimenti agli organizzatori per questa mostra spettacolare e per averla allestita così bene!
Impronte di Jannis Kounellis
Questa esposizione, allestita presso l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, invece, è un lavoro abbastanza recente (2015) affiancato da altre due serie di lavori The Gospel according to Thomas (2000) e Opus I (2005) altrettanto incredibili. Tutte e tre le serie sono di forte impatto e sono anch’esse di grande formato.
Jannis Kounellis,"Impronte", carborundum
Le Impronte (realizzate a Udine con la Stamperia d’Arte di Corrado e Gianluca Albicocco che tra l’altro ho avuto il piacere di incontrare e salutare all’inaugurazione) sono avvolte da un alone di mistero.
Entrando nella sala espositiva mi sembrava di essere circondata da una serie di personaggi vestiti di nero che mi davano le spalle, che si allontanavano.
Ma questa sensazione di distanza, di allontanamento, in realtà diventava immediatamente forza d’attrazione e d’istinto mi nasceva il desiderio di allungare una mano per toccare, chiamare, e vedere oltre. Oltre quelle spalle.
Chi c’è dietro queste Impronte?
Forse ci siamo noi, ognuno immerso nel proprio mondo, ognuno perso dietro ai propri pensieri, a inseguire i propri sogni.
Forse siamo noi voltati verso tante direzioni diverse.
Siamo noi, spaccati, fratturati, tra quello che siamo e quello che pensiamo di dover essere.
Sono i nostri lati ombra che vagano, persi, perché non riconosciuti, non visti da noi stessi.
Infine le matrici con la sabbia rossa (realizzati a Jaffa con la stamperia israeliana Har-El Printers & Publisher) e stampate con un colore che mi riporta proprio alla sabbia e che mi fa venire voglia di toccarla, di giocare insieme all’autore e disegnarci sopra con un dito.
La prima serie, dodici terragraph per un libro d’artista, costituiscono una rivisitazione dell’artista del rapporto tra l’arte contemporanea e il Sacro.
"Opus I", fotoserigrafie a inchiostro nero, battuta calcografica all'olio di lino su carta Arches, mm 750x1050
Mentre la seconda serie (Opus I) è una parte di un portfolio di 47 fotolitografie; il tema del viaggio, fatidico rimando a quello di Odisseo «non una crociera nel Mediterraneo, ma un viaggio in verticale, nel profondo, scaturito da una guerra scatenata dal possesso di una donna», ha affermato Kounellis in un’intervista.
Francesco Casorati
In questi giorni, sempre a Roma all’Istituto Centrale per la Grafica, c’è invece una sua ricchissima esposizione grafica.
Francesco Casorati, "Il Naufragio", 1967, acquatinta su zinco, morsura aperta
Dalla quantità e qualità dei lavori esposti, deduco facilmente che anche Casorati ha esplorato in profondità il mondo della calcografia e anche in questo caso la produzione copre tutto il suo percorso d’artista.
"L'albero e la città", 1991, acquaforte e acquatinta su zinco, stampata su fondino
La sperimentazione di tecniche, colori e materiali è lampante! La padronanza dei mezzi altrettanto.
Un segno pulito, ben delineato, una forma grafica ricercata.
Una mostra assolutamente da non perdere!
Ed eccoci alla fine di questa mia passeggiata tra le bellezze in bianco e nero. Vi lascio di seguito i riferimenti delle tre mostre dandovi appuntamento al prossimo articolo.
E buone passeggiate a tutti voi, qualunque sia la vostra meta!